DI COSA SI TRATTA, QUALI LE DIFFERENZE E QUANDO VANNO ESEGUITI

Il DNA fetale ed il Bi-Test sono esami di screening prenatali, ossia test non invasivi ( QUINDI NON RISCHIOSI PER LA GRAVIDANZA ) che vengono effettuati nelle prime settimane di gestazione (primo trimestre).

Scopo: calcolare la possibilità che il feto abbia alterazioni cromosomiche compatibili con la sindrome di Down, la sindrome di Edwards o la sindrome di Patau (trisomia 21, 18 e 13), che sono le anomalie cromosomiche più frequenti (circa il 70%).

Se il test di screening individua un rischio aumentato per anomalie cromosomiche, tale rischio dovrà essere confermato mediante un esame diagnostico invasivo (villocentesi o amniocentesi).

Come scegliere il TEST più adatto a sé?

DNA fetale e Bi-Test non sono gli unici esami di screening prenatale ma sono sicuramente i più conosciuti.

I nostri esperti in ginecologia e PMA ti aiuteranno a scegliere tra i molteplici test possibili, conoscerne le differenze, i vantaggi e i limiti; capire se è opportuno fare un esame nella situazione specifica e, se sì, quale sia il più adatto alle condizioni della gravidanza.

Come funziona il Bi-test

Il BiTest (conosciuto anche come duotest o test combinato) è un metodo molto efficace per lo screening delle più frequenti anomalie cromosomiche (trisomia 21, 18 e 13), che si avvale di una particolare valutazione ecografica, combinata a specifici esami di laboratorio, consentendo l’individuazione (con una fondatezza vicina al 90%) di feti affetti da tali cromosomopatie.

Si parte dall’età materna per definire il rischio di base il quale viene successivamente modificato e personalizzato per ciascuna paziente in base ai risultati di:

  • ecografia eseguita fra la 11^ e la 13^+6 settimana. Consiste nell’esecuzione di una serie di misurazioni: lunghezza del feto (CRL), frequenza cardiaca fetale, spessore della translucenza nucale (NT), valutazione della presenza dell’osso nasale.
  • Prelievo di sangue materno: nelle gravidanze con feto affetto da anomalia cromosomica è possibile riscontrare variazioni dei valori di alcune sostanze prodotte dalla placenta (in particolare la Free beta HCG e la PAPP-A, ormoni prodotti dalla placenta che vengono utilizzati per calcolare il rischio di anomalie cromosomiche in combinazione con l’ecografia). I valori di tali analisi variano in base ad alcune caratteristiche materne, al numero dei feti ed in base al metodo di concepimento (naturale o fecondazione in vitro).
  • Calcolo del rischio: i dati provenienti dalle caratteristiche materne, dalla valutazione ecografica e dall’esame del sangue materno vengono inseriti in un programma informatico che, combinando tali fattori, permette di calcolare il rischio di ogni gravidanza.

In caso di esito positivo (si considerano positivi solitamente valori superiori a 1 su 250) viene offerta la possibilità di ricorrere ad una diagnosi prenatale invasiva ma capace di offrire una risposta certa: amniocentesi o villocentesi.
Questi esami hanno un rischio molto basso di aborto spontaneo ma pur sempre non nullo, ed è per questo che (soprattutto nelle donne giovani) la possibilità di ricorrere a test di screening privi di rischi è generalmente considerata una scelta ottimale dal punto di vista del rapporto rischio-beneficio.

Se invece la valutazione della translucenza nucale e del bi-test è negativa la probabilità di avere un feto affetto da qualsiasi cromosomopatia è bassa (non nulla!), come bassa è la possibilità di malformazioni cardiache e scheletriche.

Nel calcolo del rischio è necessario includere anche una serie di caratteristiche materne come il peso, l’altezza, l’etnia, l’abitudine al fumo, presenza di particolari patologie materne ed una accurata anamnesi sulle eventuali gravidanze precedenti.
L’esito – che non è comunque una diagnosi– classificherà il rischio del feto di presentare un’alterazione cromosomica compatibile con trisomia 21 (sindrome di Down), 18 (sindrome di Edwards) o 13 (sindrome di Patau).

Come funziona il DNA fetale

Il test del DNA fetale (conosciuto anche come Non Invasive Prenatal Testing o NIPT) è un test prenatale non invasivo (non diagnostico) delle anomalie cromosomiche fetali come trisomia 21,18,13, aneuploidie sessuali, altre rare aneuploidie di tutti i rimanenti cromosomi (Cariotipo o) e genetiche, quali piccoli riarrangiamenti cromosomici (come le microdelezioni).

Il Test del DNA fetale ha prestazioni significativamente migliori (sensibilità oltre il 99%) rispetto ai test di screening basati sulle analisi biochimiche e sulla translucenza nucale (sensibilità intorno al 90%), che possono precedere o meno i test diagnostici invasivi.

Questo tipo di test può essere effettuato già dalla 10° settimana di gravidanza.

Il Test del DNA Fetale funziona come un normale prelievo di sangue: il ginecologo effettua il prelievo ematico dal braccio della mamma, senza rischi per il nascituro. All’interno del sangue della gestante, infatti, dalle prime settimane di gravidanza è possibile rilevare il materiale genetico (DNA libero fetale) del feto che proviene dalla placenta. In questo modo si possono evitare prelievi diretti dalla placenta, più invasivi e fastidiosi.

Il test riduce drasticamente il ricorso alle indagini diagnostiche invasive, abbattendo il numero degli aborti collegati all’invasività delle tecniche di prelievo dei tessuti fetali.

Inoltre, utilizzato come screening, dopo il test combinato, ha un impatto minore sulla spesa sanitaria rispetto allo screening universale. Solo in circa l’1-3% dei casi non è possibile ottenere un risultato a causa dell’inadeguatezza quantitativa o qualitativa del campione.

Una volta prelevato, il sangue della mamma viene inviato per essere analizzato in un laboratorio specializzato. L’esame isola il DNA libero fetale nel sangue, (frazione fetale), e ne estrapola l’esatta sequenza per ogni cromosoma, calcolando il rischio di aneuploidie (variazione del numero di cromosomi). Il test inoltre permette di individuare il sesso del feto e/o eventuali anomalie dei cromosomi del sesso.

DNA fetale o Bi-Test: quali sono le differenze?
Sia il DNA fetale che il BiTest rilevano la presenza di alterazioni cromosomiche per quanto riguarda la trisomia 21 (sindrome di Down), trisomia 18 (sindrome di Edwards) e trisomia 13 (sindrome di Patau). Questi due screening prenatali, tuttavia, presentano delle differenze:

  • Il DNA fetale ha una precisione più alta rispetto al Bi-Test (99% e oltre vs 90%);
  • Il DNA fetale mostra il sesso biologico del nascituro;
  • Il DNA fetale è composto solamente da un prelievo del sangue della mamma, il Bi-Test (chiamato anche duotest o test combinato), invece, prevede anche un’ecografia (traslucenza nucale);
  • Il DNA fetale è effettuabile con una settimana di anticipo rispetto al Bi-Test (decima settimana di gravidanza rispetto a 11esima);

DNA fetale e Bi-Test comportano rischio di aborto?

Trattandosi di esami non invasivi (prelievo del sangue materno da un braccio ed ecografia) il DNA fetale e il Bi-Test non comportano rischio di aborto. Entrambi questi test sono considerati sicuri per la mamma e per il bambino.

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